Dopo una serie di pubblicazioni sfociate nel successo di “Lifeless” e “Non è cool”, il carisma emozionale e la penna policromatica di Saimon Sail tornano ad affascinare in “Glock” (PaKo Music Records/Visory Records/Belive Digital), il suo nuovo singolo.
Nato dalla sensibilità compositiva dello stesso artista romagnolo in una fredda giornata di pioggia e avvolto dall’avveniristico tocco sonoro di Maclam (già per Moder) – che ne ha curato produzione, mix e master -, il brano traspone in musica l’arcobaleno sensoriale che permea un cuore infranto, frammentato da una relazione sulla quale, proprio come durante le giornate uggiose, cadono infinite minuscole gocce, ghiaccio coagulato intriso di ricordi e sentimenti, che scivola sull’anima e confonde le lacrime, in una rovinosa implosione di disillusione, amarezza e sconforto.
Il ritratto ritmico e ritmato di una delle condizioni umane più subdole e temute, la solitudine, da sempre in bilico tra la staticità del corpo e il dinamismo dello spirito alla spasmodica ricerca di un sollievo proveniente dall’esterno, con l’illusione dolceamara di poter alleviare con esso i fardelli gravati sulla nostra stessa essenza; uno spaccato onesto e sincero del timore più grande dell’uomo, quello di rimanere solo.
Immagini cupe – «c’ho pensieri brutti e spesso c’entran con le droghe, tra quelli più brutti ho il desiderio della morte» – e richieste di aiuto – «sto chiamando tutti sono solo questa notte», si stagliano in netta contrapposizione su un beat armonioso e delicato, capace di risuonare come una carezza musicale, calda e avvolgente, che invita l’ascoltatore a trovare rifugio in essa, per liberarsi dai pensieri autodistruttivi e da tutte quelle azioni che, troppo spesso, ancora oggi, ne conseguono – «demoni in testa c’ho una glock».
«In “Glock” – dichiara Saimon Sail – ho voluto raccontare quanto sia pericolosa la solitudine nei momenti difficili, istanti nei quali io stesso ho cercato un appiglio nell’utilizzo di sostanze per distrarre la mia mente. Ho voluto mettere nero su bianco tutte quelle complessità che incontro quotidianamente nel convivere con la mia presenza e con i miei pensieri, ostacoli che riesco a superare grazie alla musica, l’unico mezzo che mi consente di esprimermi appieno senza il timore del giudizio; giudizio che nella vita, è presente ancora oggi e mi ferisce molto. Spero che ascoltando questo pezzo, le persone capiscano che non sono così sole e che è importante trovare una valvola di sfogo, un luogo sicuro, come per me è da sempre la musica».
Attraverso l’incredibile ed universale capacità di empatizzare, lenire, mitigare e risollevare intrinseca nelle canzoni, il cantautore classe 1998 si mette a nudo in un flusso di coscienza doloroso e personale, utilizzando quel foro causato dalla glock delle avversità, non più come simbolo del proprio malessere, bensì come uno spiraglio, dai bordi irregolari, dal quale far fluire il dolore per ripulirsi, senza dimenticare il passato, ma ponendo fine alla continua lotta con se stessi; una resa che non simboleggia la rinuncia alla vita, ma, al contrario, la conclusione di quell’inutile e ostentata opposizione a ciò che esula dal nostro controllo, per riappropriarci di noi stessi ed iniziare a scrivere l’incipit di una nuova quotidianità equilibrata e resiliente.