7corde

La tua musica… con una marcia in piu'

Uno spritz con Campi eccezionale artista, vita e curiosità partendo da “Tutto a posto”

Con grande piacere diamo il benvenuto a Campi , artista poliedrico che sta raccogliendo ampi consensi sulle piattaforme digitali e non solo. Recentemente impegnato nella promozione del lavoro “Tutto a posto” , pubblichiamo con estremo interesse l’intervista a Campi , grati e onorati per il suo tempo e la cortesia riservataci! Scopriremo interessanti retroscena musicali e di vita, Campi si confiderà con noi con quelle che sono le collaborazioni, le esperienze, e i progetti futuri. Tuffiamoci in questo mondo speciale e diamo un caloroso benvenuto a Campi !

Com’è nata tua la passione per la musica?

In casa mia c’è sempre stata essendo mio padre un musicista, anche se lui ha sempre voluto che diventassi un giocatore di basket… non c’è stato niente da fare.

Da bambino ho iniziato a prendere lezioni di chitarra con dei miei compagni di classe, un modo come un altro per fare amicizia.

Da lì il primo impulso è stato subito quello di comporre melodie e improvvisarci testi sopra.

Ho sempre avuto la testa fra le nuvole e ho capito immediatamente che quello poteva essere un modo incredibile per esprimermi, evadere e spaziare con la fantasia.

Da quel momento non mi sono più fermato.

Cosa significa e com’è nato il nome Campi e il suo personaggio, il suo sound?

Quando ho iniziato a pubblicare musica con il mio progetto solista ho cercato in tutti i modi di trovare un nome d’arte ma non ho trovato niente che mi rappresentasse a pieno.

Poi ho pensato che il mio cognome potesse essere perfetto perché ‘Campi’ in qualche modo richiama anche il mondo della natura, al quale ho notato che all’interno dei miei testi e nella mia poetica faccio spesso riferimento.

In più richiama qualcosa di semplice, legato alla terra e spazi aperti di pensiero.

Credo che in fondo si addica molto alla mia personalità e al mio modo di esprimermi.

A volte l’ispirazione ti coglie quando meno te l’aspetti. È stato così per “Tutto a posto” ?

L’ispirazione per la canzone è nata da una domanda molto semplice che mi sono posto: come stai? come stiamo?

Ogni volta che ci viene chiesto senza pensarci rispondiamo “tutto a posto”.

Ho provato a pormela davvero.

Oggi più che mai il contesto sociale influenza il mio stato emotivo, quindi naturalmente il mio sguardo si è allargato subito sul momento storico che stiamo vivendo.

Siamo di fronte a un periodo di grande incertezza, in cui sia a livello umano che fra paesi distanti sembra che i rapporti siano liquidi, mutevoli e che i tentativi di ricomposizione dei conflitti siano molto fragili.

E’ questo il tema di fondo che ho cercato di approfondire in “tutto a posto”, che è appunto carico di domande.

E com’è nato il suo videoclip?

Si tratta di un lyric video che si è sviluppato a partire dalla cover del brano a cui ha lavorato Marco Ferramosca un bravissimo grafico.

Credo possa aprire a molte interpretazioni del senso della canzone: è rappresentato un piatto rotto, riparato con la tecnica del kinzugi.

Per chi non lo sapesse si tratta di una tecnica giapponese per riparare oggetti in ceramica in cui le linee di rottura vengono evidenziate con polvere d’oro.

Quindi non una semplice riparazione, ma evidenziare le ferite ricomponendo.

E l’album da cui è estratto? Oppure è in cantiere un album che lo conterrà?

È il primo tassello di un nuovo capitolo musicale per me.

È in arrivo tanta nuova musica che non vedo l’ora di farvi ascoltare!

In salita o in discesa. I percorsi artistici si sviluppano sempre tra mille peripezie, vuoi raccontarci?

Ho passato molti anni a scrivere in cameretta e portare in giro i provini delle mie prime canzoni trovando i primi interessamenti discografici.

Le cose più belle sono nate però dagli incontri, in particolare con musicisti con cui ho condiviso tantissime esperienze ed ho sviluppato il mio progetto.

Come vale penso nella vita anche nella musica da soli non si va da nessuna parte.

In più le cose più magiche avvengono “per caso”: ho iniziato quando mi si è creata inaspettatamente l’occasione di scrivere come autore per altri artisti e da lì ho avuto finalmente l’opportunità di pubblicare le mie canzoni.

Quello della musica è un mondo molto complesso e spesso ci sono momenti di difficoltà, ma molte volte sono seguiti da accelerate improvvise.

Il segreto credo sia capire che è una maratona e non una corsa ai cento metri.

Quali sono i contenuti che vuoi trasmettere attraverso la tua arte?

E’ un periodo di grande smarrimento e di grande complessità che ci spinge da un lato a lasciarci trascinare dalle cose e cercare di spegnere i troppi punti interrogativi e dall’altro invece a chiedersi cosa va salvaguardato e in che modo.

Come possiamo reinventarci mantenendoci umani.

In questo momento sono queste le domande da cui sento l’esigenza di partire per esprimermi.

Parliamo delle tue pregiate esperienze di pubblicazioni, live, concerti o concorsi?

Ho pubblicato due anni fa il mio primo album “Un ballo di altalene” che mi ha dato delle bellissime soddisfazioni e mi ha fatto vivere delle esperienze estremamente emozionanti.

In particolare penso al Proscenium festival di Assisi dove ho avuto l’opportunità di esibirmi accompagnato da una meravigliosa orchestra in un teatro fantastico e anche di vincere il primo premio e il premio miglior testo assegnato da un grande autore come Beppe Dati.

Sono state tantissime le occasioni di esibirmi dal vivo che porto nel cuore ed i festival a cui ho partecipato.

Sopra a tutti naturalmente “Zocca paese della musica” che mi ha dato l’occasione di esibirmi con la mia band in apertura a Vasco Rossi a San Siro.

Fa ancora strano dirlo…

Un esperienza incredibile che non dimenticherò e ovviamente una grandissima botta di adrenalina!

Cosa ne pensi della scena musicale italiana? E cosa cambieresti/miglioreresti?

Penso che ci sia tantissima gente bravissima, sia artisti che addetti ai lavori.

Il livello è molto alto ed in particolare a Milano come autore ho avuto l’occasione di confrontarmi con grandissimi professionisti.

Quello che non apprezzo molto e che quindi mi piacerebbe cambiasse è la grande velocità di produzione al di scapito del contenuto ed i ritmi troppo serrati.

La musica si fa e si consuma troppo in fretta e il rischio è che quello che rimane alla fine sia poco.

In più c’è una grande ossessione e rincorsa ai numeri e al risultato che credo non faccia bene né all’arte, né agli artisti da un punto di vista psicologico.

 

Oltre al lavoro in promozione quale altro brano ci consigli di ascoltare?

Un brano che penso mi rappresenti molto è ‘Leggera’: parla di leggerezza come forma di resistenza al peso del mondo. È un brano ispirato da Calvino che sosteneva che la leggerezza non è superficialità ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore.

“Non moriremo mai” è un altro brano a cui sono molto legato. Un fiume di ricordi, paure, difficoltà, momenti di felicità, gioie e dolori, scorrono come immagini incessanti.

Il ritornello si ferma come una macchina da presa sull’istante in cui qualcosa ci fa sentire la magica sensazione dell’eternità.

Sentire che alla fine siamo tutto ciò che viviamo oltre che a quello che verrà. Le cose ci restano addosso, al di là del successo e del fallimento.

Quali sono i tuoi sogni nel cassetto?

Il mio sogno nel cassetto è sempre quello  di fare della musica che riesca a emozionare, e che possa aiutare qualcuno in un momento di difficoltà o accompagnarne e alimentarne uno di gioia.

Quando questo accade è una sensazione incredibile. Dà un senso a quello che faccio.

Spero di riuscire a farlo capitare ed arrivare a più persone possibile con le prossime canzoni.