Kreky & The Asteroids nascono a Roma nel 2018. Kreky è un cantautore e la band The Asteroids si chiama così su scelta del chitarrista. Adottano un nome composto proprio per la matrice anglosassone del progetto che affonda le sue radici nel roots rock statunitense, con un particolare occhio a Ryan Adams, Jeff Buckley, Springsteen e i Counting Crows.
Impegnati a produrre grande musica, in questi giorni sono alle prese con la promozione del nuovo singolo Average, di cui leggeremo con grande interesse la storia, racconata di prima mano. Dopo un doveroso e cordiale ringraziamento a questo formidabile gruppo, conosciamo di più di loro!
Com’è nata la vostra passione per la musica?
Per tutti, in modo diverso. Le nostre famiglie sono state i veicoli principali, poi arriva il momento in cui, da ascoltatore, ti dici “lo voglio fare pure io” oppure “anch’io voglio scrivere qualcosa”, ed ecco che cambia tutto.
Nel gruppo c’è chi ha cominciato a suonare nell’adolescenza ed è diventato un fenomeno (Valentino/chitarrista) e chi come me (Kreky) ha cominciato a 13 anni ed è ancora una zappa.
Cosa significa e com’è nato il nome “KREKY & THE ASTEROIDS”?
Kreky è il mio cognome pronunciato in sardo campidanese, ma scritto come se fosse inglese. The Asteroids, credo sia uscito da Valentino/Uomo Scimmia durante una riunione presso l’Underdog’s, il locale del nostro tastierista. L’idea è quella di riprendere il filone delle band statunitensi, come Springsteen & the E Street Band o Ryan Adams & The Cardinals.
Come è stato concepito il singolo “Average”?
Dopo un viaggio durato due giorni dove non ero io a guidare. Quindi tra musica nelle orecchie e qualche chiacchiera in macchina, ho avuto modo di pensare ai fatti miei. Poi una volta tornato a casa, ho cercato nelle note la stessa pace che avevo trovato in mezzo ai monti, ed ecco il risultato.
E com’è nato il suo videoclip?
Essendo un brano che tratta – anche se in modo individuale – della “media” degli anni trascorsi, era inevitabile usare tutti i video dei nostri live, della saletta, delle registrazioni in studio o di quando usciamo a bere insieme. Anche perché, tra gioie e dolori della vita quotidiana, per fortuna c’è la musica a tenere in alto l’asticella. Poi in questo strano periodo è molto difficile girare un video, quindi nessuno si è opposto all’idea.
Arriviamo alla collaborazione con Carmelo Pipitone…
Il Maestro. Oltre ad averci parlato mille volte dopo i concerti dei Marta sui Tubi, abbiamo avuto l’onore di aprire un live dei Dunk qui a Roma. Non pensavamo avrebbe accettato la nostra richiesta di collaborazione sul brano e invece, dopo qualche mese – prima di un live degli oRK – ci disse di si. È venuto in studio a registrare per noi, rendendo il brano ancora più bello.
Un Musicista vero ed una persona sincera, onesta e generosa – che tra l’altro ha appena pubblicato un disco favoloso, “Segreto Pubblico”, andate a sentirlo.
Quali sono le vostre influenze artistiche?
Ascoltiamo generi differenti. Abbiamo in comune qualche cantautore statunitense e gli anni 7’0, ma per il resto, non potremmo mai avere un solo stereo in 5. Io sono un miscuglio strano di roba sarda, statunitense e hardcore punk, poi c’è chi ama il prog (Jimmy/tastiere), chi il metal (Luca/batteria), chi Neil Young o roba psichedelica (Valentino/chitarrista), chi lo stoner e il cantautorato anni ‘90 (Daniele/basso). Però concordiamo tutti sulla buona musica, ci basiamo sul buon senso!
Quali sono le vostre collaborazioni musicali?
Luca è il fondatore e batterista dei The Old Skull, progetto rap/metal che raduna i migliori rapper italiani. Jimmy è il tastierista de La Bocca della Verità e degli Inferno Sci-fi Grind’n’roll, gruppo fondato dal nostro produttore Valerio Fisik dell’Hombre Lobo Studio. Daniele è il chitarrista e cantante dei Domovoi, altra eccellente rock band capitolina e Valentino/Uomo Scimmia, oltre a collaborare con tanti gruppi – troppi da elencare – è producer, compositore per roba di cinema ed insegnante.
Quali sono i contenuti che volete trasmettere con la vostra arte?
La scrittura è di per sé un processo di guarigione, quindi i testi riguardano tematiche personali. Cerco sempre di essere molto sincero e di trasportare al meglio le sensazioni in musica e nei testi, sperando che possano essere di supporto a chiunque si trovi nelle stesse situazioni. È una fortuna che il gruppo riesca ad entrare nei brani e a capirne l’intenzione da subito.
Raccontateci le vostre esperienze artistiche, fra concerti, festival o concorsi
Non partecipiamo a un concorso almeno da 2 anni. Però, è grazie al contest di “It’s Up 2 U” presso il Largo Venue se abbiamo aperto il live ai Dunk. Quella serata è stata davvero emozionante, un palco gigante e in apertura alla crème de la crème del rock italiano. Abbiamo anche la registrazione del nostro concerto, che non uscirà mai.
Come state vivendo da artisti e persone questo periodo del Covid-19?
Come artisti, ci ha bloccato quasi-completamente. Ci stiamo limitando a far uscire i singoli senza supportarli dal vivo, quindi il danno è piuttosto grande.
Come persone, direi la stessa cosa. Siamo limitati negli spostamenti, nelle interazioni, quindi anche l’ispirazione che deriva da tutto questo è più o meno a zero.
Quali sono i vostri programmi futuri?
Sicuramente faremo uscire un altro singolo a metà gennaio, con un altro super ospite. Poi dovremmo far uscire l’album, sperando riaprano – covid permettendo – i locali: vorremmo fare un bel release party senza aver paura di essere vicino ad altri esseri umani.