A tu per tu con Finecielo incredibile artista

Accogliamo calorosamente e spalanchiamo le nostre curiose orecchie a Finecielo , artista poliedrico che sta facendo incetta di consensi coi suoi lavori musicali. Recentemente impegnato nella promozione del lavoro La resa, leggiamo con senso di empatia l’intervista a Finecielo , grati e onorati per il suo tempo e la cortesia riservataci! Leggeremo di più sulla vita musicale e artistica, Finecielo ci condividerà con quelle che sono le collaborazioni, fra le tante, quelle con Red&Blue, le esperienze, e i progetti futuri. Andiamo a capofitto a fondo e diamo un caloroso benvenuto a Finecielo !


Com’è nata tua la passione per la musica?
Penso che la mia passione per la musica sia nata quasi inconsapevolmente.
Dico questo per un semplice motivo: per anni le stanze di casa mia hanno risuonato di tutta la miglior musica italiana e mondiale, grazie alle sagge orecchie di mio padre, musicista a sua volta; il che tuttavia non ha generato nessuna spinta in me, nessuna necessità espressiva prima dei tredici anni, quando per la prima volta, e praticamente per gioco, ho imbracciato una chitarra.
Da subito l’apprendimento dello strumento è risultato piuttosto facile, e questo mi ha spinto a proseguire, a migliorarmi.
A poco a poco ho cominciato a variare i miei ascolti, ad appassionarmi a diversi stili e ad imitare i miei artisti preferiti, fino a giungere ad una padronanza dello strumento più che discreta (tutt’ora non mi considero un grande chitarrista: quelli che mi circondano e che lavorano con me, sono decisamente più ferrati). Tuttavia, sapermi muovere su uno strumento variegato (per lo meno a livello timbrico) come la chitarra mi ha permesso di avere a disposizione molto materiale con cui ‘condire’ le mie canzoni, consegnandomi di fatto, una personale via espressiva che poi non avrei più lasciato, anche venendo a contatto con altri strumenti.

Descrivi “Finecielo ” e il suo personaggio, i suoi pregi e i suoi difetti
Finecielo non sa nulla, nemmeno come si chiama. Non sa neppure scrivere canzoni, ad essere sinceri.
Riceve senza chiedere, e di solito pure sbagliato, perché il corriere della vita consegna non ciò che è chiesto, ma ciò che è, senza possibilità di reso.
Finecielo si è inventato che per chiamare i centri d’assistenza dell’universo, l’unico modo siano le poesie, le canzoni, i racconti, ma non ha ricevuto ancora risposta, solo: ritenta più tardi.
Finecielo pensa che tutto sia poesia, e questo ogni tanto lo rende pesante. Finecielo ha un unico potere: non sapere nessuna parola, finché non la usa. Mattia aveva un cognome un po’ poco cantautorale, e quindi si è inventato Finecielo

Da un incontro o da uno scontro, tutto può essere ispirazione. Com’è nato il lavoro La resa?
E’ nato come nascono tutti i miei pezzi: un giorno insospettabile, in cucina.
E’ nato tuttavia anche dalla necessità specifica di fare chiarezza su una tematica che da sempre mi dà molto da pensare, ovvero l’abbandono di noi stessi.
Per uno come me, innamorato del racconto, l’atto di disunione dell’essere umano, ha una grande portata a livello emotivo. E’ per questo che ho cercato di analizzarlo, di capirne i presupposti e le origini, sopratutto quando nasce dall’incapacità di prevaricare sulle difficoltà della vita: è la possibilità che le persone hanno di reinventarsi, o di non farlo affatto, che mi affascina molto, e che rende la vita una grande occasione sprecata, o l’imprevedibile frutto di scelte autodeterminate.
La Resa parla del momento in cui gettiamo la spugna, e ci concediamo ad una piccola morte, separandoci dalla matrice fondamentale che caratterizza il nostro modo di stare al mondo, unico e irripetibile.

E com’è nato il suo videoclip?
Per il videoclip di questo pezzo, ho da subito pensato a qualcosa di diverso: una performance live.
Qualcuno probabilmente si chiederà in che modo un’esecuzione dal vivo possa divenire il videoclip ufficiale di una canzone, e questa è la mia spiegazione.
Nell’aria la voglia di suonare è tanta, sia in me che tra i musicisti che con me collaborano; ho quindi pensato di unire l’utile al dilettevole, e di portare la mia musica nel luogo in cui è nata, lo Studio 2 di Padova: in questo familiare palco virtuale abbiamo dato vita ad una nuova versione del pezzo, che unisce la ben nota ‘Studio-version’, ad una intro dinamica ed articolata, che lo introduce senza snaturarlo, ma piuttosto contestualizzandolo in una situazione di interplay live, che a mio parere rende il brano ancora più coinvolgente ed emozionante.
Trovo che sia anche un bel modo per sfruttare gli strumenti che la tecnologia ci fornisce in questo periodo storico, dove le piattaforme social hanno assunto un ruolo fondamentale nell’auto-promozione, anche per ciò che riguarda la musica ‘live’ e i suoi derivati.

Il lavoro fa parte di una serie di uscite che culminerà in un disco?
Il lavoro in realtà è già tratto da un album, uscito su tutte le piattaforme il 7 luglio 2023, che si intitola (perdonate l’eccesso di fantasia) FINECIELO.

Com’è stato il percorso dall’esordio ad oggi?
Dovendo fare un piccolo resoconto, penso che l’aspetto che fin dall’inizio mi abbia richiesto più attenzione sia quello dell’immagine.
Non è per niente semplice riuscire a definire, sopratutto agli esordi, una linea chiara sulla quale orientare la promozione personale, che deve in qualche modo risultare esplicativa del messaggio che si vuole trasmettere, e coerente con la propria indole.
Sono le grandi piattaforme social che oggi dettano le regole del gioco, favorendo inevitabilmente alcune modalità comunicative piuttosto che altre, e che negli ultimi anni si sono imposte come uno dei più influenti canali mediatici, modificando e alterando attraverso le loro dinamiche l’idea stessa di prodotto artistico.
Non nascondo che il mondo social mi risulti un po’ ostico, per varie ragioni, ma mi rendo anche conto della potenzialità di uno strumento che fa dell’auto promozione il suo punto cardine, e che quindi permette una personalizzazione comunicativa che fino a qualche anno fa era impensabile. Provo quindi a lavorarci al meglio delle mie possibilità, con semplicità e trasparenza.
Per il resto, nulla da segnalare.

Quali sono le tue influenze artistiche?
Qui ci sarebbe molto da dire, anche perché mi rendo conto di un fatto che nel corso degli anni si è manifestato sotto varie forme: la mia forte tendenza assimilativa, che porta a riversare tutto ciò che mi emoziona profondamente nella mia stessa musica, in maniera più o meno evidente.
La mia voracità musicale rappresenta, pertanto, la mia fonte d’ispirazione primaria.
Posso individuare le origini della mia passione per la chitarra (e per il canto) nel blues, la prima forma musicale che abbia mai intercettato il mio animo, stregandolo: i motivi alla base del blues, mi hanno fatto comprendere il potere della condivisione, della catarsi artistica, e che un vecchio bracciante dell’Alabama può tenere in scacco il mondo intero con una chitarra acustica scassata e qualche dramma amoroso ben conservato; mi ha anche insegnato una delle lezioni più importanti della mia vita da musicista: usa l’orecchio! Non essendo mai stato una grande studente di teoria musicale, gran parte di quello che ho imparato sullo strumento proviene da un ossessivo ascolto dei miei dischi preferiti, e dal tentativo di emulare ciò che sentivo: è un percorso ostico, ma ripaga immensamente.
L’amore per la canzone italiana la devo invece al grande cantautorato delle origini. Credo sia alquanto evidente la mia discepolanza Faberiana, dal quale ho mutuato anche la passione per il ‘racconto musicale’, ovvero la trasposizione in musica delle storie di vita quotidiana, oltre che una profonda fascinazione per le vicende degli ultimi e dei diversi, dei folli e dei corrotti. Da Guccini a Dalla, da De Gregori a Vasco, passando per il sodalizio iperuranico con Gianmaria Testa, la grande musica del nostro paese si è fusa in quello che potete ascoltare ora, facendomi capire il potere che la lingua italiana possiede nella commistione di musica e versi, e che non abbiamo molto da invidiare in tal senso ai grandi cantautori d’oltreoceano, che pure sono stati per me una grande fonte d’ispirazione.
Concludendo: l’irruenza blues (e direi, traslando, rock) e la dolcezza cantautorale convivono in me, rivelandosi in varia misura a seconda delle occasioni. Proprio per questo non mi faccio mancare niente, e qualche volta ci scappa pure l’assolo selvaggio…senza esagerare.

Quali sono le tue collaborazioni musicali?
Come ho già spiegato in precedenza, sono fortunato di poter lavorare con ottimi musicisti e ottimi arrangiatori, che prima di tutto sono persone stupende, e grandi amici. Ne voglio citare alcuni.
Innanzitutto i ragazzi con cui ho registrato il disco: Matteo Fogal (chitarra elettrica, maestro delle sei corde, con me fin dalle origini di questo progetto), Filippo Calabrò (basso, uno dei migliori), Giacomo Berlese (tastiere/sax, non so in quale sia più bravo), Dario Carpeggiani (batteria, soprannominato il metronomo umano), Ludovico Rinco (tromba/flicorno/arrangiamenti fiati, grande jazzista del padovano), Marco Galvan (trombone, di singolare gentilezza e bravura), Alberto Gatti (contrabbasso, mago della musica), Irene Olivotto (voce lirica di rara bellezza), senza tralasciare Cristopher Bacco dello Studio 2, che ha saputo magistralmente assemblare ogni frammento dell’album dando vita a qualcosa di magico.
Un paio di ringraziamenti speciali vanno anche a: Alessandro Ramon (arrangiatore, polistrumentista, demiurgo sonoro dal grande talento), Luca Zupo (cantautore, fratello saggio nonché artista di altissimo livello), Aldo Spolaore (chitarra, altro fratello dall’affinità musicale inarrivabile), Stefano Maniero (batteria, come la suona lui, nessuno), Marco Fiorese (tastiere, simpatia e bravura a pacchi).
Ho notato negli anni, che le persone con le quali ho prodotto la musica migliore, coincidono con quelle verso cui nutro maggior affinità a livello umano. L’abilità non è tutto in questo mestiere, e anzi, azzarderei nel dire che conta molto poco, quando l’intento è quello di valorizzare un prodotto artistico fortemente personale come le canzoni; scrivere pezzi, arrangiarli, suonarli, è un processo che nasce innanzitutto dalla comune visione di una o più persone, partecipi di un’esperienza collettiva in cui riconoscono del potenziale.
Per quanto riguarda invece le collaborazioni con altri artisti, nulla in programma, al momento. In futuro si vedrà.

Quali sono i contenuti che vuoi trasmettere attraverso la tua arte?
Purtroppo mi duole dire che la domanda è mal posta, perché non sono mai io a scegliere i contenuti, ma sono loro a scegliere me.
In tal senso si potrebbe scrivere: “Quali sono i contenuti che vogliono essere trasmessi attraverso la tua arte?”
Ma questo bisogna chiederlo a qualcun altro, che sta lì, un po’ più in alto. Io cerco solo, a mio modo, di capirci qualcosa.

Parliamo delle tue pregiate esperienze di pubblicazioni, live, concerti o concorsi?
La mia unica vera esperienza di pubblicazione è stata quella fatta attraverso ADA del mio primo album FINECIELO. In tal senso il riscontro è stato subito positivo, e la cosa mi ha gratificato non poco, vista la grande mole di lavoro che c’è stata dietro.
Ho avuto inoltre la possibilità, in questi anni, di esibirmi in situazioni pregevoli, sia con la mia musica che con quella d’altri. Prima di cominciare a lavorare al mio materiale infatti, ho lavorato come chitarrista, e questo mi ha permesso di suonare in luoghi di risalto di varie parti d’Italia (teatri, festival…). Vorrei ricordare ad esempio il festival di Villa Ada, o il bellissimo teatro di San Giovanni in Persiceto.
La formazione di un repertorio sempre più cospicuo, e l’imminente pubblicazione del mio album, mi ha poi convinto a proseguire da solo (pur mantenendo i contatti con i vecchi progetti, in qualità di arrangiatore), aprendo la strada a nuove esperienze: volendo ricordare in tal senso qualche concerto significativo, non potrei mai ringraziare abbastanza gli amici di Suoni di Marca (TV), che mi hanno accolto in un ambiente stupendo e dinamico, offrendomi una notevole visibilità; la pubblicazione del primo singolo è stata invece accompagnata da una performance pianoforte-chitarra-voce al Belle Parti di Padova, nella stupenda cornice quattrocentesca di Palazzo Prosdocimi.
L’ambiente dei concorsi non mi è molto congeniale, quindi a parte qualche velocissima esperienza agli inizi, non mi sono più cimentato, preferendo di gran lunga la situazione live che mi metta a contatto con il pubblico, in situazioni sempre nuove, fuori dalla competizione.

Cosa ne pensi della scena musicale italiana? E cosa cambieresti/miglioreresti?
Next question? Ahaha.
Scherzi a parte, credo che la direzione presa dall’industria musicale italiana oggigiorno, poco mi appartenga. Spero di non risultare troppo tendenzioso o snob dicendo questo, ma ritengo che la logica della vendita e dello spettacolo abbiano cambiato molto i connotati della scena mainstream, comportando un calo di qualità disarmante.
Chiaro che la bella musica esiste ancora: lungi da me fare un discorso completamente assolutista e disfattista, quando sono diversi gli artisti che, a fondo o in superficie, sfornano chicche di indubbia qualità; solo mi ritrovo, sempre più spesso, a fare i conti con un mondo via via più improntato sull’immagine e la provocazione, più che sulla qualità del messaggio e l’attenzione al racconto, e questo un po’ mi rattrista.
Direi che basta, altrimenti si rischia d’appesantire.

Oltre al lavoro in promozione quale altro brano ci consigli di ascoltare?
Ovviamente tutto l’album, che essendo stato pensato come un ‘concept album’, ben si presta anche all’ascolto nella sua interezza.
Una canzone alla quale sono molto affezionato, in particolare, è ‘Crescere’. Trovo sia, in qualche modo, la chiave di volta di tutto l’album, essendo una riflessione generale sul concetto di maturare, progredire, invecchiare. E’ una canzone molto intima, che in quanto tale non è stata registrata in studio, ma in camera mia, dove è stata arrangiata, suonata, cantata.
Spero che ascoltarla vi emozioni quanto fa con me.

Sorprese e anticipazioni. Cosa bolle in pentola e a cosa stai lavorando?
Eh eh. La pentola è bella piena. Trabocca anzi!
Diciamo che riesco a tenermi sempre impegnato, tra la scrittura di poesie, canzoni, racconti.
Al momento ho molti pezzi in archivio, per vari album futuri, e sto procedendo alla cernita per il prossimo, che avrà delle tinte più pop e rock, calate nel mio stile: un sensibile cambio di rotta che spero piacerà e arricchirà chi si è già appassionato alla prima raccolta.
Giusto, a proposito di lei: sono al lavoro su nuovo materiale promozionale, tra cui un videoclip che uscirà nei prossimi mesi, scritto e prodotto in collaborazione con l’RKH studio di Torino. Sarà un lavoro ambizioso, che avrà come fulcro il pezzo ‘La Città’, tratto sempre da FINECIELO. Quindi…
…Rimanete connessi!

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