Reynolds, la band del palloncino nero, nasce nell’ inverno milanese del 2017, dal casuale incontro di vecchie conoscenze al bancone di un bar. “Reynolds” é un appellativo legato al mistero che avvolge la scomparsa del celebre Edgar Allan Poe. Egli nei suoi ultimi febbrili e agonizzanti istanti di vita pronunciò diverse volte questo nome, a cui però non é mai stato dato veramente un volto. La leggenda vuole che Reynolds incarni di fatto le stesse paure che lo scrittore ha cosi magistralmente descritto nella sua produzione.
Dal concepimento poetico e misterioso del nome della band alla prolifica e interessante produzione il passo è breve, scandito da una costante ricerca del suono: ultimi in ordine cronologico “Veleno” e “Vivi per finta“. Doppietta di brani per una band da seguire e che oggi, con grande disponibilità e cortesia, ci concedono la seguente intervista!
Com’è nata la passione per la musica?
Arrivata in diversi momenti e in diversi modi, ma con un elemento che ci accomuna: un fulmine che ti attraversa, come se fosse la prima volta che ti sentissi vivo.
Cosa significa e com’è nato il nome “Reynolds” e il suo sound?
Reynolds è il personaggio invocato da un delirante Edgar Allan Poe sul letto di morte, ma non si è mai capito di chi parlasse; leggende narrano che fosse il suo ultimo personaggio che è uscito dai suoi racconti per trascinarlo proprio nelle storie angoscianti dei suoi libri. Il sound è rock/grunge che attinge a piene mani da alcune band anni ’90.. molto “suonato”, se vale come descrizione. 🙂
Come sono nati i singoli Veleno e Vivi per Finta?
Come tutte le altre canzoni: in un garage milanese, buttando giù idee. Per i testi invece avevamo già chiaro il concept della paura.
E l’album da cui è estratto? Oppure è in cantiere un album che lo conterrà?
Come dicevamo, la costruzione è avvenuta in maniera molto spontanea e da “garage band”. L’aiuto di Tony Polidoro in fase di registrazione è stato poi di grande aiuto per mettere a fuoco ulteriormente tutta la produzione.
Com’è stato il percorso dall’esordio ad oggi?
Un continuo assestamento, fatto di prove ed esperimenti. Trovare la formazione giusta per il sound che avevamo in testa è stato sicuramente uno dei risultati più importanti, oltre alla registrazione dell’album.
Quali sono le influenze artistiche?
Le influenze più grande arrivano da Foo Fighters/Nirvana, Smashing Pumpkins e Marylin Manson.
Quali sono le collaborazioni musicali?
Stiamo sperimentando con qualche sonorità elettroniche assieme ad un DJ/producer, vediamo se e cosa succede.
Quali sono i contenuti che volete trasmettere attraverso la musica?
Il tema che gira intorno al nostro primo album è la paura, in tutte le sue forme. E l’umano tentativo di vincerla.
Parliamo delle pregiate esperienze di live e concerti sulla scena milanese e nazionale?
Tanti show underground che in questo momento ricordiamo con qualche sospiro. Ci piace definirci una band da live show, il sudore e il contatto con chi ci ascolta. Ci manca molto.
Cosa ne pensate della scena musicale italiana? E cosa cambiereste/migliorereste?
In generale, siamo convinti che l’autenticità sia una chiave fondamentale per ogni esecutore. Non se ne vede moltissima, negli ultimi tempi, dal rock alla trap.
Oltre al lavoro in promozione quale altro singolo ci consigliate di ascoltare?
Vuoi più bene alla mamma o al papà ? Battute a parte, siamo particolarmente legati a Noir, un vero e proprio viaggio musicale.
Come state vivendo da esecutore e persona questo periodo del covid-19?
Si vive alla giornata e si progetta per il lungo termine, forse unico modo per non uscire completamente di testa.
Quali sono i programmi futuri?
Stiamo producendo materiale multimediale per l’uscita dei prossimi singoli, e organizzando la produzione dei relativi video. Sperando in un’estate con qualche live!